
"La generazione Y, che sta entrando massicciamente nelle organizzazioni, è fatta di giovani abituati da sempre a interagire sulla rete con milioni di persone in tutto il mondo. In azienda, essi estendono il social networking ai colleghi, al mondo esterno all'azienda, a partner, clienti e fornitori. Ebbene, secondo me, pur in presenza di un patto di responsabilità, le aziende devono essere aperte a questo contributo originale, a coglierne appieno le potenzialità e la carica innovativa, ad accogliere la ricchezza che deriva dalle community".
Ho sempre pensato che una delle cose che funziona meno nel sistema-Italia sia l'assenza di cultura del lavoro. In particolare, la rarità di "maestri" che trasferiscono il know-how acquisito.
E' molto più frequente trovare un collega anziano - non necessariamente vecchio e non necessariamente il boss - che si tiene per se i trucchetti del mestiere, riservandoli solo a chi vuole lui, o peggio in cambio di qualcosa, o per farsi bello (YOU BASTARD)!.
Niente di più sbagliato.
La fiducia è la più profittevole delle risorse sul lavoro. E la fiducia si costruisce con uno scambio libero e disinteressato.
La mia perplessità è:
"Può la Generazione Y, infarcita di scambio digitale e social networking, ribaltare questo meccanismo sbagliato che ha contribuito al noto naninsmo delle imprese italiane? O dobbiamo aspettare la Generazione Z?".
Francamente credo che una svolta arriverà solo ricominciando tutto da capo.
[Foto da Flickr]