giovedì 28 febbraio 2008

Waiting for "A" Generation.

Leggevo il Sole24ore quando mi sono imbattuto in questa considerazione molto interessante:

"La generazione Y, che sta entrando massicciamente nelle organizzazioni, è fatta di giovani abituati da sempre a interagire sulla rete con milioni di persone in tutto il mondo. In azienda, essi estendono il social networking ai colleghi, al mondo esterno all'azienda, a partner, clienti e fornitori. Ebbene, secondo me, pur in presenza di un patto di responsabilità, le aziende devono essere aperte a questo contributo originale, a coglierne appieno le potenzialità e la carica innovativa, ad accogliere la ricchezza che deriva dalle community".

Ho sempre pensato che una delle cose che funziona meno nel sistema-Italia sia l'assenza di cultura del lavoro. In particolare, la rarità di "maestri" che trasferiscono il know-how acquisito.

E' molto più frequente trovare un collega anziano - non necessariamente vecchio e non necessariamente il boss - che si tiene per se i trucchetti del mestiere, riservandoli solo a chi vuole lui, o peggio in cambio di qualcosa, o per farsi bello (YOU BASTARD)!.

Niente di più sbagliato.
La fiducia è la più profittevole delle risorse sul lavoro. E la fiducia si costruisce con uno scambio libero e disinteressato.

La mia perplessità è:

"Può la Generazione Y, infarcita di scambio digitale e social networking, ribaltare questo meccanismo sbagliato che ha contribuito al noto naninsmo delle imprese italiane? O dobbiamo aspettare la Generazione Z?".

Francamente credo che una svolta arriverà solo ricominciando tutto da capo.

[Foto da Flickr]

3 commenti:

imopen ha detto...

Si che è possibile: in un paese giovane, aperto, emancipato, solidale, brillante, innovativo e moderno.

In altre parole, non in questo paese: vecchio, chiuso, sottomesso, egoista, smorto, reazionario ed antico.

Qua non esiste nè generazione X, nè Y, nè Z. Siamo ancora fermi alla B, senza aver ricominciato.

Let's go outside.

LaMile ha detto...

io la vedo un po' diversamente
temo che la generazione Y (ma noi nn appartenavamo alla generazione x degli anni '90?) sarà molto peggio...
mi spiego
se un giorno dovessi arrivare ad occupare posizioni di rilievo (e la vedo difficile), dopo tutti gli sbattimenti, i sacrifici e i calci in culo che ho preso, temo che sarò terribilmente gelosa e mi terrò stretti i "segreti del mestiere"

il punto infatti è che in questo paese non esiste mobilità sociale sufficiente a creare equilibrio tra il vecchio e il nuovo

quindi nn credo si un problema generazionale, ma politico e economico e, come sappiamo, si tratta di cose che si possono cambiare molto molto molto difficilmente!

Anonimo ha detto...

ciao, al di là delle lettere generazionali, la mia opinione è che la visione di ognuno di noi può spaziare su un doppio livello: quello che vediamo/ascoltiamo/capiamo, e quello che ci sentiamo dentro.

personalmente, cerco più possibile di muovermi secondo quel che mi dice la pancia, conscio che *il futuro è adesso* quindi semplicemnte non c'è scelta.

l'italia è un disastro, ma non è detto. dipende da ognuno di noi, e il segreto (oddio diciamo il trucco) forse è semplicemtne cominciare per primi senza guardarsi troppo intorno, che quello che si vede può essere scoraggiante, quindi paralizzante.

max

ps - dimenticavo, grazie del blogroll sandro (e saluti da mio cugino, generazione NP non pervenuta)