martedì 29 aprile 2008
Good Bye advertising!
Il blog va in vacanza con me. Ci leggiamo martedì 5 maggio, sempre che Copyo non s'innamori a Madrid!
lunedì 28 aprile 2008
Bruxelles street advertising
Ho visto questa pubblicità nella zona della borsa di Bruxelles, non è simpatica?
[Foto mie. Per vederne altre moooolto personali about Brussels and more andate su Flickr]
giovedì 24 aprile 2008
Codec H.264 and High Definition Video
Oggi sono proprio felice: si va in vacanza!
Con la mia Sony Handycam Full HD andrò in giro a filmare Bruxelles e dintorni, in attesa di Madrid e dintorni.
Ma che cosa permette alla mia videocamera di catturare immagini di grande qualità? E' il formato video H.264, un codec video MPEG sempre più utilizzato per la realizzazione e trasmissione di filmati ad alta definizione. Il tutto grazie ad una capacità di compressione davvero unica.
Per intenderci, il formato H.264 è alla base dei TV HD ed è usato nella Sony Play Station Portable. Apple è stata una delle prime a scomettere su questo formato, introducendolo nel 2005 su iTunes Store e QuickTime.
Poi anche Adobe l'ha scoperto e nel 2007 l'ha integrato nel Flash Player 9, permettendo anche sul web e in streaming, la visione di filmati eccezziunali veramente, così anche su Youtube iniziamo a trovarne di belli!
Il codec H.264 è alla base dell'iPhone e della stessa tecnologia Blu-ray della Sony, il DVD del futuro, già in commercio.
Insomma, super immagini per una super vacanza!
Ci rileggiamo tra qualche giorno, buon 25 Aprile a tutti e in bocca al lupo a chi sosterrà la battaglia per un'informazione più libera!
[Immagine da Google Image]
Con la mia Sony Handycam Full HD andrò in giro a filmare Bruxelles e dintorni, in attesa di Madrid e dintorni.
Ma che cosa permette alla mia videocamera di catturare immagini di grande qualità? E' il formato video H.264, un codec video MPEG sempre più utilizzato per la realizzazione e trasmissione di filmati ad alta definizione. Il tutto grazie ad una capacità di compressione davvero unica.
Per intenderci, il formato H.264 è alla base dei TV HD ed è usato nella Sony Play Station Portable. Apple è stata una delle prime a scomettere su questo formato, introducendolo nel 2005 su iTunes Store e QuickTime.
Poi anche Adobe l'ha scoperto e nel 2007 l'ha integrato nel Flash Player 9, permettendo anche sul web e in streaming, la visione di filmati eccezziunali veramente, così anche su Youtube iniziamo a trovarne di belli!
Il codec H.264 è alla base dell'iPhone e della stessa tecnologia Blu-ray della Sony, il DVD del futuro, già in commercio.
Insomma, super immagini per una super vacanza!
Ci rileggiamo tra qualche giorno, buon 25 Aprile a tutti e in bocca al lupo a chi sosterrà la battaglia per un'informazione più libera!
[Immagine da Google Image]
lunedì 21 aprile 2008
I focus group? Meglio una buona strategia!
A chi non è mai capitato di sentire il cliente tirarsi indietro perché il responso dei focus group non era quello previsto?
Io odio i focus group!
Cmq, leggetevi questo articolo su Advertising Age a proposito del comportamentento dei consumatori in tempo di ristrettezze economiche.
Il consiglio è non tanto di ascoltare i responsi dei focus group (spesso inattendibili), né di diminuire i prezzi del proprio prodotto con sconti e promozioni, ma di capire - ancora una volta - il proprio target behavior.
Un interessante esempio riportato nell'articolo è quello della Tag Heuer che, nella crisi economica e petrolifera degli anni '70...
... didn't shy away from its association with racing, despite the somewhat exclusive gas-guzzling reality of Formula 1. In fact, it became the sponsor and official timekeeper of Team Ferrari. Was it tempted to pull back and become another Timex? Perhaps, but fortunately it persevered and is now one of the strongest lifestyle brands in the world. It understood the relationship between its brand and its consumers and leveraged it despite tough economic times.
Duri alla meta. Si vince.
[Nella foto Kimi Raikkonen, in testa al mondiale di F1 con la Ferrari]
Io odio i focus group!
Cmq, leggetevi questo articolo su Advertising Age a proposito del comportamentento dei consumatori in tempo di ristrettezze economiche.
Il consiglio è non tanto di ascoltare i responsi dei focus group (spesso inattendibili), né di diminuire i prezzi del proprio prodotto con sconti e promozioni, ma di capire - ancora una volta - il proprio target behavior.
Un interessante esempio riportato nell'articolo è quello della Tag Heuer che, nella crisi economica e petrolifera degli anni '70...
... didn't shy away from its association with racing, despite the somewhat exclusive gas-guzzling reality of Formula 1. In fact, it became the sponsor and official timekeeper of Team Ferrari. Was it tempted to pull back and become another Timex? Perhaps, but fortunately it persevered and is now one of the strongest lifestyle brands in the world. It understood the relationship between its brand and its consumers and leveraged it despite tough economic times.
Duri alla meta. Si vince.
[Nella foto Kimi Raikkonen, in testa al mondiale di F1 con la Ferrari]
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Design e via Tortona: come desiderare un lanciafiamme.
Esperienza personale al Fuorisalone sabato sera: pessima.
Bei luoghi, zona interessante di Milano - via Tortona -, ma troppa folla... e che gente! Tutti psudo-colleghi. La sensazione era un po' com quando me ne torno a casa mia in Sardegna d'estate e trovo milanesi in spiaggia. Uno di quei momenti in cui desidero una bella onda anomala! Perché cribbio! Ce ne fosse stato uno vestito da semplice cristiano! l'occhialino giusto, la sciarpina, la scarpetta, la giacchetta... ahooo! Era un'esposizione di design, mica la settimana della moda!
A dispetto del grande successo di pubblico, io non sono riuscito ad apprezzare molto di quel che ho visto. Tutto mi è sembrato la solita marchetta lombarda. Forse ho sbagliato giorno. O forse Milano deve imparare a dire le cose in maniera diversa.
Comunque, ecco una risorsa utile per il design, collaborativa e senza puzza sotto il naso, il Wikidesign. Si tratta di un progetto del Centro Sperimentale di Design Poliarte di Ancona. E' un progetto giovane, perciò ancora da costruire e ampliare. Però mi sembra interessante e tutto italiano.
[Immagine da Google Images]
Bei luoghi, zona interessante di Milano - via Tortona -, ma troppa folla... e che gente! Tutti psudo-colleghi. La sensazione era un po' com quando me ne torno a casa mia in Sardegna d'estate e trovo milanesi in spiaggia. Uno di quei momenti in cui desidero una bella onda anomala! Perché cribbio! Ce ne fosse stato uno vestito da semplice cristiano! l'occhialino giusto, la sciarpina, la scarpetta, la giacchetta... ahooo! Era un'esposizione di design, mica la settimana della moda!
A dispetto del grande successo di pubblico, io non sono riuscito ad apprezzare molto di quel che ho visto. Tutto mi è sembrato la solita marchetta lombarda. Forse ho sbagliato giorno. O forse Milano deve imparare a dire le cose in maniera diversa.
Comunque, ecco una risorsa utile per il design, collaborativa e senza puzza sotto il naso, il Wikidesign. Si tratta di un progetto del Centro Sperimentale di Design Poliarte di Ancona. E' un progetto giovane, perciò ancora da costruire e ampliare. Però mi sembra interessante e tutto italiano.
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venerdì 18 aprile 2008
Behance Network e DeviantART
Eccomi anche oggi. E' venerdì finalmente!
L'altro ieri mi sono lasciato andare ad esternazioni politiche, oggi rimedio riproponendo Behance Network e DeviantART, segnalatomi dal mio amico Imopen.
Behance Network è un aggregator dove creativi di molteplici settori possono inserire i proprio lavori. C'è inoltre un tool per la creazione di veri e propri portfoli. Molto utile per noi creativi!
DeviantART è più o meno la stessa cosa, così diffuso che mentre vi scrivo sono presenti 54,543,702 deviant. E il numero cresce di secondo in secondo, come si vede dalla Home.
Una sola cosa: qui col copyright non si scherza, anche se è possibile bloggare i contenuti.
L'altro ieri mi sono lasciato andare ad esternazioni politiche, oggi rimedio riproponendo Behance Network e DeviantART, segnalatomi dal mio amico Imopen.
Behance Network è un aggregator dove creativi di molteplici settori possono inserire i proprio lavori. C'è inoltre un tool per la creazione di veri e propri portfoli. Molto utile per noi creativi!
DeviantART è più o meno la stessa cosa, così diffuso che mentre vi scrivo sono presenti 54,543,702 deviant. E il numero cresce di secondo in secondo, come si vede dalla Home.
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martedì 15 aprile 2008
Behance Network: una risorsa creativa nella savana
Archivio la politica e torno sul pezzo. Scriverò un bel pezzo di...
La risorsa di cui parlo non ho voglia di raccontarvela, ho altro a cui pensare. Sto già facendo i conti di quanto mi tornerà in tasca con la prossima finanziaria del Berlusca e Tremonti.
Arrangiatevi, questo è il link.
Basta con lacrime, sangue e ideologie. Da oggi soldi facili, poche tasse e lotta agli stupri. C'è bisogno di sicurezza, alleanza e fratellanza. Io sto col germano Bossi. A luglio prendo la cittadinanza lombarda e voto per lui tutta la vita.
Fidatevi. Un sardo che promette è meglio di un cinghiale coi cojoni girati.
[Grazie a Marco Abbenda per il disegno realizzato in occasione della "Sagra del Cinghiale e del Tortello" di monte Pescali - Grosseto]
La risorsa di cui parlo non ho voglia di raccontarvela, ho altro a cui pensare. Sto già facendo i conti di quanto mi tornerà in tasca con la prossima finanziaria del Berlusca e Tremonti.
Arrangiatevi, questo è il link.
Basta con lacrime, sangue e ideologie. Da oggi soldi facili, poche tasse e lotta agli stupri. C'è bisogno di sicurezza, alleanza e fratellanza. Io sto col germano Bossi. A luglio prendo la cittadinanza lombarda e voto per lui tutta la vita.
Fidatevi. Un sardo che promette è meglio di un cinghiale coi cojoni girati.
[Grazie a Marco Abbenda per il disegno realizzato in occasione della "Sagra del Cinghiale e del Tortello" di monte Pescali - Grosseto]
lunedì 14 aprile 2008
Un paese bipolare?
Spiegavo in questi giorni al mio coinquilino americano, deluso dalla sua avventura italiana, che Milano non è l'Italia. "Per trovare il meglio - gli dicevo - devi andare a Verona, Mantova, Bergamo, Padova, Perugia, Assisi, Napoli, Palermo, Lecce, Nuoro. Perché sai -aggiungevo - l'Italia è il paese dei cento comuni, delle piccole realtà legate ancora alle bellezze del territorio e alle cure familiari".
Parlando di famiglia, mi ha guardato male facendomi capire che la famiglia è un valore un po' più universale. Capito l'errore, sono tornato sui miei passi e ho cercato di spiegargli l'Italia attraverso la comicità di due nostri eroi: Totò e Sordi.
Gli ho detto che Totò rappresenta la comicità primitiva, teatrale, spontanea e dissacrante nel gesto apparentemente senza senso. "Conosci Arlecchino? Ecco, un po' come lui. Il teatro comico è nato qui, lo sai? Bene". "Sordi è invece una specie di comico d'autore, un po' più difficile da spiegare, te ne parlo un'altra volta".
Siamo andati su Youtube e gli ho mostrato la scena del treno di Totò, quella in cui sbeffeggia un rappresentante del potere, l'onorevole Cosimo Trombetta... "Aaah, e chi non conosce quel trombone di suo padre". Giù risate.
Ogni regione italiana ha sempre avuto - gli ho spiegato - la sua maschera, il suo comico. Poi, qualcuno più bravo diventava un simbolo nazionale capace di far ridere tutti e di irridere il potere. Ma nessuno, neanche Totò, è stato mai in grado di corrodere il potere, di logorarlo fino a migliorarlo o farlo cadere.
La comicità innata degli italiani non ha mai rappresentato una fonte di cambiamento, ma uno status quo. Non tanto perché i politici sono spesso più comici dei comici veri, ma perché noi tutti ridiamo e poi siamo contenti. Nessun comico, neppure Grillo, cambierà mai la politica italiana perché agli italiani piace ridere insieme, ma lottare in ordine sparso.
Oggi ha vinto Veltrusconi. Lo status quo semplificato a due grandi coalizioni.
---------------------------------------------------------------
Il bipolarismo, come sogno e necessità politica italiana, risale almeno a trenta anni fa, a Berlinguer e Moro. Quella visione fu fermata col terrorismo, con le stragi, con i silenzi.
Quando iniziai ad interessarmi di politica, agli inizi degli anni '90, prima ancora di Mani Pulite c'era Bossi che diceva "Basta, Roma ladrona". A sbeffeggiare la politica con il celodurismo era un politico, non un comico. Bossi fu il primo personaggio fuori dalle ideologie comuniste, socialiste e democristiane a dire che c'era bisogno di qualcosa di nuovo. E molti lo seguirono.
Poi arrivarono i tribunali e le stragi di Palermo. Sembrava il momento buono per qualcosa d buono. Il bipolarismo, la politica dell'alternanza. Ma non era così. C'erano ancora le ideologie a rompere i maroni.
Oggi, definitivamente disintegrati pure i comunismi, fino alla loro completa sparizione dal nostro Parlamento, Bossi è il trionfatore, insieme a Di Pietro, eroe dell'epoca dei tribunali.
Ci sono voluti un po' di anni, molti disastri e soprattutto due grosse aggregazioni bancarie prime di arrivare al bipolarismo di questo 13 e 14 aprile 2008. Sì, le banche, perché la politica non è dei comici, ma dei progetti, del denaro che serve per realizzarli e della gente che è disposta a crederci.
Veltrusconi non sono i due leader dei principali partiti italiani fusi insieme, ma l'entità che rappresenta in parlamento gli interessi economici.
Dei soldi non ridono nemmeno gli italiani - ho detto a Jacob - "ne abbiamo tutti un gran rispetto".
Quindi, guardiamoci intorno e scoviamo nei nostri cento comuni le ricchezze che ancora non abbiamo disperso, perché a quelle ci teniamo, no? Se saremmo capaci una volta tanto di non metterci a ridere per tutto il resto, forse faremo qualcosa di buono e il mio coinquilino americano smetterà di prendermi in giro quando vede i nostri politici alla TV.
Parlando di famiglia, mi ha guardato male facendomi capire che la famiglia è un valore un po' più universale. Capito l'errore, sono tornato sui miei passi e ho cercato di spiegargli l'Italia attraverso la comicità di due nostri eroi: Totò e Sordi.
Gli ho detto che Totò rappresenta la comicità primitiva, teatrale, spontanea e dissacrante nel gesto apparentemente senza senso. "Conosci Arlecchino? Ecco, un po' come lui. Il teatro comico è nato qui, lo sai? Bene". "Sordi è invece una specie di comico d'autore, un po' più difficile da spiegare, te ne parlo un'altra volta".
Siamo andati su Youtube e gli ho mostrato la scena del treno di Totò, quella in cui sbeffeggia un rappresentante del potere, l'onorevole Cosimo Trombetta... "Aaah, e chi non conosce quel trombone di suo padre". Giù risate.
Ogni regione italiana ha sempre avuto - gli ho spiegato - la sua maschera, il suo comico. Poi, qualcuno più bravo diventava un simbolo nazionale capace di far ridere tutti e di irridere il potere. Ma nessuno, neanche Totò, è stato mai in grado di corrodere il potere, di logorarlo fino a migliorarlo o farlo cadere.
La comicità innata degli italiani non ha mai rappresentato una fonte di cambiamento, ma uno status quo. Non tanto perché i politici sono spesso più comici dei comici veri, ma perché noi tutti ridiamo e poi siamo contenti. Nessun comico, neppure Grillo, cambierà mai la politica italiana perché agli italiani piace ridere insieme, ma lottare in ordine sparso.
Oggi ha vinto Veltrusconi. Lo status quo semplificato a due grandi coalizioni.
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Il bipolarismo, come sogno e necessità politica italiana, risale almeno a trenta anni fa, a Berlinguer e Moro. Quella visione fu fermata col terrorismo, con le stragi, con i silenzi.
Quando iniziai ad interessarmi di politica, agli inizi degli anni '90, prima ancora di Mani Pulite c'era Bossi che diceva "Basta, Roma ladrona". A sbeffeggiare la politica con il celodurismo era un politico, non un comico. Bossi fu il primo personaggio fuori dalle ideologie comuniste, socialiste e democristiane a dire che c'era bisogno di qualcosa di nuovo. E molti lo seguirono.
Poi arrivarono i tribunali e le stragi di Palermo. Sembrava il momento buono per qualcosa d buono. Il bipolarismo, la politica dell'alternanza. Ma non era così. C'erano ancora le ideologie a rompere i maroni.
Oggi, definitivamente disintegrati pure i comunismi, fino alla loro completa sparizione dal nostro Parlamento, Bossi è il trionfatore, insieme a Di Pietro, eroe dell'epoca dei tribunali.
Ci sono voluti un po' di anni, molti disastri e soprattutto due grosse aggregazioni bancarie prime di arrivare al bipolarismo di questo 13 e 14 aprile 2008. Sì, le banche, perché la politica non è dei comici, ma dei progetti, del denaro che serve per realizzarli e della gente che è disposta a crederci.
Veltrusconi non sono i due leader dei principali partiti italiani fusi insieme, ma l'entità che rappresenta in parlamento gli interessi economici.
Dei soldi non ridono nemmeno gli italiani - ho detto a Jacob - "ne abbiamo tutti un gran rispetto".
Quindi, guardiamoci intorno e scoviamo nei nostri cento comuni le ricchezze che ancora non abbiamo disperso, perché a quelle ci teniamo, no? Se saremmo capaci una volta tanto di non metterci a ridere per tutto il resto, forse faremo qualcosa di buono e il mio coinquilino americano smetterà di prendermi in giro quando vede i nostri politici alla TV.
Repression 2.0
Il titolo non è mio, ma di Newsweek.
Il magazine pubblica un articolo sulle nuove strategie adottate - così pare - dai servizi di controllo dei regimi totalitari.
Il concetto è semplice: "spies don't hide", le spie non si nascondono. Proprio come nelle attività "aperte" del web 2.0, chi desidera raggiungere un sistema di controllo basato sulla paura fa notare la propria presenza.
Diabolico.
L'articolo descrive i metodi di repressione 1.0. Nel primo periodo dell'epoca internet, i siti "pericolosi" venivano bloccati da software simili ai filtri parental control presenti su tutti i computer. Questo metodo non si è rivelato pienamente efficace perché è impossibile controllare tutte le nuove pagine pubblicate.
Così, si è pensato di raggiungere direttamente i webnauti nei luoghi social online - anche su cellulari - con messaggi tipo "sappiamo quello che fai, comportati bene". Questo crea l'idea di un controllo costante, invasivo, deterrente.
Diabolico 2.0 elevato X.
[p.s.: la Cina, stando all'articolo, è il leader di questa strategia. L'idea del nemico alle porte cresce. Mah!]
Il magazine pubblica un articolo sulle nuove strategie adottate - così pare - dai servizi di controllo dei regimi totalitari.
Il concetto è semplice: "spies don't hide", le spie non si nascondono. Proprio come nelle attività "aperte" del web 2.0, chi desidera raggiungere un sistema di controllo basato sulla paura fa notare la propria presenza.
Diabolico.
L'articolo descrive i metodi di repressione 1.0. Nel primo periodo dell'epoca internet, i siti "pericolosi" venivano bloccati da software simili ai filtri parental control presenti su tutti i computer. Questo metodo non si è rivelato pienamente efficace perché è impossibile controllare tutte le nuove pagine pubblicate.
Così, si è pensato di raggiungere direttamente i webnauti nei luoghi social online - anche su cellulari - con messaggi tipo "sappiamo quello che fai, comportati bene". Questo crea l'idea di un controllo costante, invasivo, deterrente.
Diabolico 2.0 elevato X.
[p.s.: la Cina, stando all'articolo, è il leader di questa strategia. L'idea del nemico alle porte cresce. Mah!]
venerdì 11 aprile 2008
Tibet, Cina e Olimpiadi. Che fare?
Scrivendo un commento sul blog della mia amica Carla, ho iniziato a prendere posizione sul problema Olimpiadi-Tibet-Che fare.
Sono arrivato ad una conclusione, stimolato anche dalla sortita di Gianni Vattino che si è espresso in modo del tutto controcorrente, sostenendo un appello choc contro i monaci tibetani. La sua tesi è che la stampa occidentale stia mettendo su una campagna anti-Cina che trarrebbe origini da un antico piano inglese contro il gigante asiatico.
Non ho idea di come stiano realmente le cose, perciò ragiono di cuore e di pancia.
Credo che la Cina faccia paura. Credo che faccia paura e invidia la sua economia crescente a ritmi insostenibili per qualunque altro paese occidentale che si ritiene l'unico unto dal signore. Credo che faccia paura la sua enorme popolazione così diversa dalla nostra, da evitare nelle nostre chinatown. Credo che facciano paura i suoi arsenali atomici dal risveglio improvviso. Credo che la Cina che attacca dei monaci inermi faccia ancora più paura ai nostri palati fini disabituati alle guerre fuori dagli schemi e dentro gli schermi.
A me, francamente, fa paura l'estremismo della paura.
Penso che se le cose in Tibet proseguono come le abbiamo viste sui giornali di recente, i governi debbano fare qualcosa, non so cosa, non mi interessa dirlo qui.
Vorrei però che gli atleti fossero lasciati liberi di portare a Pechino il messaggio Olimpico. Il messaggio di pace universale nato ad Olimpia.
Se nessuno va in Cina, chi racconterà ai cinesi ciò che vediamo noi qui? Vogliamo permettere al governo cinese di proseguire la sua propaganda, quale che sia?
Io non voglio isolare la Cina. L'isolamento porta il peggio.
Per questo penso ad una strategia altrettanto greca, quanto quella della pace olimpica: un cavallo di Troia, pieno zeppo di atleti, di ragazzi, di gente che vuole comunicare, condividere, conoscere, scambiare pensieri ed emozioni.
Che è, con la Cina facciamo affari - continueremo a farli anche dopo agosto - ma non vogliamo parlarci? Che epoca 2.0 del cavolo è? Quella comoda del web domestico? Tutto chat e niente azione?
E poi, essendo il nostro un paese colluso con le mafie mentali più o meno organizzate, cosa accadrebbe se qualcuno decidesse di boicottare il nostro sudato Expo del 2015 se non facciamo qualcosa per sconfiggerle?
Perciò, che a noi lascino il nostro Expo e gli atleti e i visitatori siano lasciati liberi di andare a Pechino. Quando sarà il momento di salire sul podio, facciano qualcosa di simbolico, come niente inno nazionale e su una bandiera universale.
I cinesi capiranno, o no?
[Dimenticavo: il Dalai Lama dice di non boicottare le olimpiadi. Se lo dice lui che la realtà la conosce, qualcosa vorrà dire]
Sono arrivato ad una conclusione, stimolato anche dalla sortita di Gianni Vattino che si è espresso in modo del tutto controcorrente, sostenendo un appello choc contro i monaci tibetani. La sua tesi è che la stampa occidentale stia mettendo su una campagna anti-Cina che trarrebbe origini da un antico piano inglese contro il gigante asiatico.
Non ho idea di come stiano realmente le cose, perciò ragiono di cuore e di pancia.
Credo che la Cina faccia paura. Credo che faccia paura e invidia la sua economia crescente a ritmi insostenibili per qualunque altro paese occidentale che si ritiene l'unico unto dal signore. Credo che faccia paura la sua enorme popolazione così diversa dalla nostra, da evitare nelle nostre chinatown. Credo che facciano paura i suoi arsenali atomici dal risveglio improvviso. Credo che la Cina che attacca dei monaci inermi faccia ancora più paura ai nostri palati fini disabituati alle guerre fuori dagli schemi e dentro gli schermi.
A me, francamente, fa paura l'estremismo della paura.
Penso che se le cose in Tibet proseguono come le abbiamo viste sui giornali di recente, i governi debbano fare qualcosa, non so cosa, non mi interessa dirlo qui.
Vorrei però che gli atleti fossero lasciati liberi di portare a Pechino il messaggio Olimpico. Il messaggio di pace universale nato ad Olimpia.
Se nessuno va in Cina, chi racconterà ai cinesi ciò che vediamo noi qui? Vogliamo permettere al governo cinese di proseguire la sua propaganda, quale che sia?
Io non voglio isolare la Cina. L'isolamento porta il peggio.
Per questo penso ad una strategia altrettanto greca, quanto quella della pace olimpica: un cavallo di Troia, pieno zeppo di atleti, di ragazzi, di gente che vuole comunicare, condividere, conoscere, scambiare pensieri ed emozioni.
Che è, con la Cina facciamo affari - continueremo a farli anche dopo agosto - ma non vogliamo parlarci? Che epoca 2.0 del cavolo è? Quella comoda del web domestico? Tutto chat e niente azione?
E poi, essendo il nostro un paese colluso con le mafie mentali più o meno organizzate, cosa accadrebbe se qualcuno decidesse di boicottare il nostro sudato Expo del 2015 se non facciamo qualcosa per sconfiggerle?
Perciò, che a noi lascino il nostro Expo e gli atleti e i visitatori siano lasciati liberi di andare a Pechino. Quando sarà il momento di salire sul podio, facciano qualcosa di simbolico, come niente inno nazionale e su una bandiera universale.
I cinesi capiranno, o no?
[Dimenticavo: il Dalai Lama dice di non boicottare le olimpiadi. Se lo dice lui che la realtà la conosce, qualcosa vorrà dire]
giovedì 10 aprile 2008
Passate a trovarmi, ho gli snapshot.
Mobile Social Networking.
Chi non ne ha già sentito parlare? Da quanto stiamo aspettando che i cellulari si trasformino in tutto e per tutto in veri computer portatili sempre in rete a prezzi accessibili?
Tutti ne parlano, tutti aspettano.
Ho ancora un vecchio telefonino e sto aspettando che muoia per passare ad uno di quelli che promettono follie, tipo il Nokia N96, di prossima uscita. Lo voglio perché desidero capire se mi connetterà col futuro annunciato oppure no. Ma, sinceramente, credo che dovrò aspettare.
Perché? Perché il mercato non è pronto. Così come il web 2.0 è arrivato solo dopo una penetrazione sufficiente del braodband a costi accessibili, allo stesso tempo il social mobile arriverà solo quando chiunque potrà permettersi un cellulare di fascia alta - almeno stando ai prezzi di adesso - e quando gli operatori telefonici abbasseranno i costi della navigazione web sui dispositivi mobili.
Chi sviluppa le applicazioni sarà velocissimo ad adeguarsi. Loro sono sempre i più veloci. Perché loro siamo noi, o no?
Waiting for Linux mobile 2.0.
Tutti ne parlano, tutti aspettano.
Ho ancora un vecchio telefonino e sto aspettando che muoia per passare ad uno di quelli che promettono follie, tipo il Nokia N96, di prossima uscita. Lo voglio perché desidero capire se mi connetterà col futuro annunciato oppure no. Ma, sinceramente, credo che dovrò aspettare.
Perché? Perché il mercato non è pronto. Così come il web 2.0 è arrivato solo dopo una penetrazione sufficiente del braodband a costi accessibili, allo stesso tempo il social mobile arriverà solo quando chiunque potrà permettersi un cellulare di fascia alta - almeno stando ai prezzi di adesso - e quando gli operatori telefonici abbasseranno i costi della navigazione web sui dispositivi mobili.
Chi sviluppa le applicazioni sarà velocissimo ad adeguarsi. Loro sono sempre i più veloci. Perché loro siamo noi, o no?
Waiting for Linux mobile 2.0.
martedì 8 aprile 2008
Virzì: call centre e precariato.
In du 'u culo al precariato!
Mi consenta onorevole Laqualunque, ma ho appena visto il film di Virzì e sono molto incazzato.
Conosco bene l'argomento, ho fatto due anni e più dentro un call centre e confermo: E' TUTTO VERO!
Ma il precariato e lo sfruttamente sono mali comuni, no? Tutti noi ce ne lamentiamo, ma poco facciamo. Parlo del nostro settore ovviamente. Ecco alcuni responsabili, in ordine sparso:
1) Gli stagisti - lo sono stato anch'io - che dicono sempre sì, anche a 500 euro al mese per un anno di fila. Siete giovani ma non cretini e senza dignità, o sbaglio?
2) Gli idioti, che credono ancora che la pubblicità sia il paese dei balocchi, mentre è un lavoro come tutti gli altri. Odio sta gente che fa di tutto per entrarci e poi di fronte a una brochure da scrivere o impaginare si sente ferita nell'orgoglio perché non è un lavoro abbastanza creativo per le loro menti sopraffine.
3) Le agenzie, che tengono bassi i prezzi dei salari (o vanno avanti con gli stagisti) perchè la concorrenza è così spietata che per avere speranza di vincere una gara l'offerta economica deve stare bassa.
4) Gli immorali. Tutti coloro che prendono barche di soldi senza aver fatto nulla. Vi sembra giusto che il testimonial di una campagna debba guadagnare migliaia di euro solo perché il suo faccione è famoso? Eh? E poi i motociclisti che fanno brum brum e giocano con le tartarughine evadono le tasse!
Non ho detto niente di nuovo. Ma almeno l'ho detto.
Mi consenta onorevole Laqualunque, ma ho appena visto il film di Virzì e sono molto incazzato.
Conosco bene l'argomento, ho fatto due anni e più dentro un call centre e confermo: E' TUTTO VERO!
Ma il precariato e lo sfruttamente sono mali comuni, no? Tutti noi ce ne lamentiamo, ma poco facciamo. Parlo del nostro settore ovviamente. Ecco alcuni responsabili, in ordine sparso:
1) Gli stagisti - lo sono stato anch'io - che dicono sempre sì, anche a 500 euro al mese per un anno di fila. Siete giovani ma non cretini e senza dignità, o sbaglio?
2) Gli idioti, che credono ancora che la pubblicità sia il paese dei balocchi, mentre è un lavoro come tutti gli altri. Odio sta gente che fa di tutto per entrarci e poi di fronte a una brochure da scrivere o impaginare si sente ferita nell'orgoglio perché non è un lavoro abbastanza creativo per le loro menti sopraffine.
3) Le agenzie, che tengono bassi i prezzi dei salari (o vanno avanti con gli stagisti) perchè la concorrenza è così spietata che per avere speranza di vincere una gara l'offerta economica deve stare bassa.
4) Gli immorali. Tutti coloro che prendono barche di soldi senza aver fatto nulla. Vi sembra giusto che il testimonial di una campagna debba guadagnare migliaia di euro solo perché il suo faccione è famoso? Eh? E poi i motociclisti che fanno brum brum e giocano con le tartarughine evadono le tasse!
Non ho detto niente di nuovo. Ma almeno l'ho detto.
South Park e Youtube. Let's dance with Butters!
I miei amici di South Park, Colorado, hanno prodotto un video di successo e l'hanno messo su youtube per raccogliere soldi a favore del Canada.
E' successo nella puntata 4 della serie 12, ancora non trasmessa in Italia. Su Southparkstudios potete vedere l'intero episodio in cui ci sono alcuni dei più celebri divi del webtubo, dal biondino che grida e piange, al grassottello che canta Numa Numa, fino a Chocolate rain.
Guardatevi la canzone di Butters!
P.s: il biondino che grida non lo trovo più! Help! Per farmi perdonare guardatevi un altro mito della rete, i Syncsta che doppiano e ballano Numa Numa e il commercial di Arnet sempre al suon di Numa Numa e che recita "Broadband per tutti". Viral Power Forever!
E' successo nella puntata 4 della serie 12, ancora non trasmessa in Italia. Su Southparkstudios potete vedere l'intero episodio in cui ci sono alcuni dei più celebri divi del webtubo, dal biondino che grida e piange, al grassottello che canta Numa Numa, fino a Chocolate rain.
Guardatevi la canzone di Butters!
P.s: il biondino che grida non lo trovo più! Help! Per farmi perdonare guardatevi un altro mito della rete, i Syncsta che doppiano e ballano Numa Numa e il commercial di Arnet sempre al suon di Numa Numa e che recita "Broadband per tutti". Viral Power Forever!
domenica 6 aprile 2008
Vinitaly e il vino di Gavino.
Gavino chi? Sanna, of course.
Il Vinitaly è stato sabato l'occasione per incontrare colleghi, clienti e care amiche che sono sicuro verranno presto a farmi visita qui nel blog. In fondo, non sono ancora sui giornali perché non sono una pin up, ma mi si trova su internet perché sto diventando una pop up :-)
E' stato bello rivedere la bella Verona e un onore scorgere l'inconfondibile pettinatura del grande art conterraneo.
Non riesco a non fare lo spottone alla Sardegna, sono di parte. Assegno ai vini Sa Mesa di Gavino Sanna il primo premio. Ho assaggiato un rosato di uve Carignano del Sulcis che era la fine del mondo, già capace di conquistarmi con il profilo della bottiglia nera e un'etichetta minimal che ricorda i motivi dei tappeti isolani.
Signori, il vino di Gavino è buono e il maestro dell'immagine è sempre lui.
[Foto da qui, link che consiglio di leggere per chi si vuole fare un giro nel Sulcis, zona magica e selvaggia, ricca di miniere, spiaggie e comunisti a est di Cagliari].
P.s: compagne di sbronze, lasciate messaggi!!!!
Il Vinitaly è stato sabato l'occasione per incontrare colleghi, clienti e care amiche che sono sicuro verranno presto a farmi visita qui nel blog. In fondo, non sono ancora sui giornali perché non sono una pin up, ma mi si trova su internet perché sto diventando una pop up :-)
E' stato bello rivedere la bella Verona e un onore scorgere l'inconfondibile pettinatura del grande art conterraneo.
Non riesco a non fare lo spottone alla Sardegna, sono di parte. Assegno ai vini Sa Mesa di Gavino Sanna il primo premio. Ho assaggiato un rosato di uve Carignano del Sulcis che era la fine del mondo, già capace di conquistarmi con il profilo della bottiglia nera e un'etichetta minimal che ricorda i motivi dei tappeti isolani.
Signori, il vino di Gavino è buono e il maestro dell'immagine è sempre lui.
[Foto da qui, link che consiglio di leggere per chi si vuole fare un giro nel Sulcis, zona magica e selvaggia, ricca di miniere, spiaggie e comunisti a est di Cagliari].
P.s: compagne di sbronze, lasciate messaggi!!!!
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venerdì 4 aprile 2008
Oggi South Park. Nel 1978 Goldrake.
Sto parlando dei miei miti.
Corriere.it pubblica oggi una videonotizia che cattura l'attenzione di chi un tempo era un bimbetto scemo. Il 4 aprile 1978 Atlas Ufo Robot sbarcava in Italia.
Ho già scritto un testo teatrale su quell'episodio quando lavoravo al Piccolo. Ora potrei scrivere un romanzo, ma questo è un semplice post, per cui stringo.
Uno dei mantra del marketing di Séguéla era: "Fai della tua marca un mito". Per questo parlo qui di Actarus&Co. Perché credo che l'insegnamento del grande Jacques sia ancora validissimo. Prendiamo spunto dai nostri eroi e le nostre idee saranno migliori.
Riguardiamoci la sigla, va.
Notizia segreta e revisionismo storico: nell'aprile del '78 fu Craxi a chiamare Goldrake. Ma Moro non saltò fuori lo stesso.
Corriere.it pubblica oggi una videonotizia che cattura l'attenzione di chi un tempo era un bimbetto scemo. Il 4 aprile 1978 Atlas Ufo Robot sbarcava in Italia.
Ho già scritto un testo teatrale su quell'episodio quando lavoravo al Piccolo. Ora potrei scrivere un romanzo, ma questo è un semplice post, per cui stringo.
Uno dei mantra del marketing di Séguéla era: "Fai della tua marca un mito". Per questo parlo qui di Actarus&Co. Perché credo che l'insegnamento del grande Jacques sia ancora validissimo. Prendiamo spunto dai nostri eroi e le nostre idee saranno migliori.
Riguardiamoci la sigla, va.
Notizia segreta e revisionismo storico: nell'aprile del '78 fu Craxi a chiamare Goldrake. Ma Moro non saltò fuori lo stesso.
giovedì 3 aprile 2008
Succede su Zooppa
L'altro ieri ho iniziato a commentare un po' di "print ad" sul social del momento (almeno per me), Zooppa, e sul contest appena innaugurato, quello di Agos.
Beh, sapete che è successo? Siccome è pieno di commenti stile "siamo tutti amici, volemose bene e vota anche me che io ti ho votato", ho pensato di lasciare commenti un po' più professionali e alcuni ragazzi hanno cominciato scrivermi chiedendomi di commentargli i lavori.
Evvai! Le critiche costruttive premiano!
[Immagine da Google]
mercoledì 2 aprile 2008
Due marcie in più, ma in retromarcia.
Su Repubblica.it di oggi mi hanno colpito due notizie di prima pagina, dedicate a due colossi americani, Nike e Google.
Il problema sono i dipendenti, le risorse con la R maiuscola.
Nel Vietman riunificato 20.000 lavoratori della Nike sono andatati in strike per ottenere aumenti salariali.
Da Mountain View, x mega-dirigenti e ingegneri cervelloni se ne stanno andando a Facebook o per i fatti loro per creare nuovi business o per trovare nuovo terreno fertile per le loro idee.
Ok. Nike e Google sono così grandi che ammortizzeranno le perdite, anche quelle di immagine, in qualche modo.
Ma quelle piccole aziende che lasciano andar via i loro dipendenti, o non li curano, quanto perdono in competitività e know how? E quanto perdono in "comunicazione"? Sì perché quanto incidono notizie come queste sull'opinione pubblica e sui consumatori?
I professionisti della comunicazione nutriti a colpi di Cluetrain stanno sempre più consigliando alle aziende di "dialogare" col mercato.
Ebbene, non mi stancherò mai di dirlo alle aziende: il dialogo, il confronto e la comunicazione iniziano in casa propria.
Il problema sono i dipendenti, le risorse con la R maiuscola.
Nel Vietman riunificato 20.000 lavoratori della Nike sono andatati in strike per ottenere aumenti salariali.
Da Mountain View, x mega-dirigenti e ingegneri cervelloni se ne stanno andando a Facebook o per i fatti loro per creare nuovi business o per trovare nuovo terreno fertile per le loro idee.
Ok. Nike e Google sono così grandi che ammortizzeranno le perdite, anche quelle di immagine, in qualche modo.
Ma quelle piccole aziende che lasciano andar via i loro dipendenti, o non li curano, quanto perdono in competitività e know how? E quanto perdono in "comunicazione"? Sì perché quanto incidono notizie come queste sull'opinione pubblica e sui consumatori?
I professionisti della comunicazione nutriti a colpi di Cluetrain stanno sempre più consigliando alle aziende di "dialogare" col mercato.
Ebbene, non mi stancherò mai di dirlo alle aziende: il dialogo, il confronto e la comunicazione iniziano in casa propria.
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